Biagio Cinque
“Alla ricerca dell’uomo” – Dicembre 1987
Esplorare l’uomo, saper discernere il bene dal male, definire l’esistenzialità
e confrontarla, nell’ambito dell’umano, nelle varie espressioni: progressista,
industriale, telematica e umana, è l’impegno e l’ispirazione che pervadono e
sollecitano l’esperienza artistica di Biagio Cinque.
Biagio è pittore perchè sa usare
i colori, è artista perchè ai colori infonde una
etica, un pensiero, un’anima che, per molti versi, è l’anima di molti di noi.
Nella sua lunga esperienza artistica, Cinque ha sempre
cercato riferimenti e momenti di vita contemporanea che caratterizzassero e
definissero i propri sentimenti fin dall’adolescenza.
Appena tredicenne partecipa alla prima sagra del vino di Carosino con una tela dal titolo “Il bevitore di vino”,
quasi a voler caratterizzare la nostra gente e il lavoro duro nei campi. Appare
evidente in lui la volontà di intraprendere il viaggi sul pianeta uomo e di
ricercare un modello semplice di vita. Seguiranno
opere dal titolo: “Si annunciano i giorni sacri”, “La fame in India”, “Un uomo
con frutti”. Il tema sebra continuare ma ormai con
riferimenti precisi alla gente che soffre, al Cristo della salvezza; una
salvezza che tiri fuori l’uomo dalla ipocrisia, dal vizio, dall’arroganza e
dall’idiozia. Inizia così la ricerca dell’uomo in Biagio Cinque.
L’esperienza surreale si risveglia e si presenta nel suo assoluto contenuto di
povertà; una povertà misera esistenzialmente di
valori che corre verso il nulla.
Segnato dal sud, dalla famiglia patriarcale, dalla ricerca
di un domani migliore, Biagio si mette in viaggio per incontrare l’uomo e va
a ricercarlo nel
semplice, nel buono, nel vero,
ritrovandolo grande nella
sofferenza.
La sofferenza che in Biagio diviene misticamente per
definirsi in termini di evoluzione, di progresso spirituale e
intellettivo. Scopre che questo ideale è
custodito nell’uomo amerindo dei peruani e dei
guatemaltechi in cui la semplicità, come cultura, moda e
sofferenza, ha segnato e continua a segnare questi popoli che hanno sempre subito la civiltà maja e atzeca. Accanto ai
grattacieli sorgono favelas e alberghi sontuosi quasi a voler interpretare un
“continente dalle vene aperte”.
L’esperienza diretta vissuta a contatto con questi popoli
ha segnato non poco la sua vita e i suoi modi di pensare.
Biagio ha voluto percorrere queste vene per comprendere la
forza della gente e lo ha fatto con un utilizzo particolare di colori che
sembrano pulsano tra le mani e sulla composizione che essi stessi vanno a
generare; composizioni che rappresentano dei temi, sono dei raconti
individuali, ma sono racconti di dolore e di sofferenza. Un gesto ed ecco
evidenziare tutto un rincorrere la vita, un tremore continuo con il giorno e
con la notte, quasi a voler annullare la differenza di luce.
Sono sufficienti il suonatore di arpa, il mercato, le
foglie verdi di coca , l’horopaze de la sierra, il
pisco sauer per comprendere che tipo di mondo si
nasconde dietro quel modo di essere.
“Chompas senor,
chompas”, in cui il bimbo protagonista incarna la speranza futura e la voglia di fare
meglio.
La figura di bimbo,
vestito da adulto, è centrale nelle opere di Biagio Cinque e non solo per il
suo profondo senso religioso, ma perchè viene
presentata nella sua forza globale, frontale, sicura, fiducioso di un domani
che, ancora, è senza peccato.
Il volto del bimbo appare essere il capolavoro di Biagio,
specialmente quando i colori riescono a soffiare in lui una anima che è clonata
dalla bontà, dalla fiducia e dalla forza di divenire uomo. Anche il volto
dell’adulto parla un linguaggio diverso, forte, di chi continua a vivere nella
sofferenza e sa che il domani si è spento e non può consegnarli molto di buono,
tranne il valore della esperienza se ben codificata. Volti segnati, forti,
impressionati indelebilmente da un concetto che è quello che la loro stessa
vita ha tracciato, che i dolori hanno evidenziato, che la miseria ha portato
fuori, cosi, come dicono, le vene del corpo. Anche quando è intento al lavoro,
a seguire i movimenti, lo sguardo irradia consapevolezze e invita alla
contemplazione. Gesto, aguardo, azione, lavoro,
oggetti o animali presenti, crano un tutt’uno in grado di esprimere la sintesi perfette di
una esistenza, della sofferenza di un singolo e di un popolo: la rassegnazione
cosciente e responsabile.
Se osservi un’opera di Cinque hai la sensazione di
scoprirla continuamente e se la osservi nel tempo provi la sensazione di
trovare sempre nuovi messaggi e nuove consapevolezze. Deduci che quell’opera,
per certi versi, è parte integrante della tua vita.
Anche la luce illumina ciò che vuole evidenziare, opponendo alla lucentezza il buio della esistenza, di certa esistenza fatta di privazione e di servizi, di rinunce e di speranze, ma anche e soprattutto di rassegnazione.